Quando il bullo è tuo figlio: come aiutarlo a cambiare ruolo.

Quando il bullo è tuo figlio: come aiutarlo a cambiare ruolo.

Dopo aver approfondito le caratteristiche del bullismo, le sue conseguenze, le strategie per aiutare chi ne è vittima, analizziamo la situazione da un nuovo punto di vista: cosa accade quando il bullo è nostro figlio. Si tratta di una scoperta in molti casi sconvolgente, che stravolge l’idea di perfezione e bontà che il genitore si è costruito pensando al proprio figlio, fino a portarlo a rivalutare negativamente la propria intera opera educativa.

Come capire che il proprio figlio è un bullo?

Nella quotidianità il ragazzo può mandare segnali che, se ben colti e collegati tra loro, possono aiutare il genitore a diventare consapevole della situazione.  Nello specifico:

  • appare spesso taciturno e poco comunicativo in famiglia;
  • assume un atteggiamento elusivo alla richiesta di parlare della sua giornata a scuola;
  • fatica ad esprimere le sue emozioni, sia quelle positive che quelle negative. In particolare non riesce a verbalizzare la rabbia in modo costruttivo, ma si riduce a sfogarsi tramite l’uso di forza fisica sugli oggetti o l’utilizzo di parolacce;
  • mostra imbarazzo nel ricevere dimostrazioni d’affetto;
  • non rispetta le regole di convivenza sia a scuola che in famiglia;
  • appare poco empatico e poco consapevole delle conseguenze delle proprie azioni;
  • presenta un basso rendimento scolastico ed appare disinteressato verso l’impegno che gli viene richiesto;
  • frequenta amicizie che lo influenzano negativamente.

Tutti questi segnali possono instillare, nel genitore informato sull’argomento, il sospetto che il figlio stia vivendo qualcosa di ben diverso da una semplice fase di crisi comportamentale. In questo caso, è importante “drizzare le antenne” e cercare di carpire quante più informazioni possibile per comprendere esattamente cosa stia accadendo.

Teniamo sempre presente che le forme di disagio possono essere molteplici, e che non sempre un comportamento aggressivo è indice di bullismo. Come specificato nel primo articolo di questo approfondimento, una situazione è riconducibile al bullismo quando si verificano comportamenti di prevaricazione diretta o indiretta, e tali azioni sono reiterate nel tempo. Inoltre, parliamo di bullismo quando nella dinamica sono coinvolti sempre gli stessi soggetti, c’è una evidente disparità di potere tra bullo e vittima ed i comportamenti aggressivi avvengono alla presenza di altri compagni.

Nella maggior parte dei casi, non è il genitore ad accorgersi della situazione, ma viene messo a conoscenza dei fatti dalla scuola o dai genitori di altri ragazzi vittime di soprusi. Si tratta spesso di una vera e propria doccia gelata per un genitore, ed è facile cadere nella tentazione di difendere a spada tratta il figlio anche di fronte a fatti evidenti, minimizzando la gravità delle sue azioni o riducendo tutto ad un semplice scherzo tra ragazzi. E’ invece importante che il genitore abbia la forza di accertarsi della situazione ed intraprendere col figlio un percorso di aiuto che lo porti a riflettere sulle gravi conseguenze delle proprie azioni.

Cosa fare una volta compresa la situazione?

Il dialogo costruttivo è certamente la risorsa più importante a disposizione del genitore, che dovrà fare lo sforzo di mantenere la calma e parlare con il figlio, comunicandogli la propria preoccupazione e ragionando con lui sulla gravità della situazione. Spesso un ragazzo che commette azioni di bullismo non ha sviluppato una reale capacità di empatia, quindi necessita che sia l’adulto ad aiutarlo a riflettere sulla sofferenza che può causare con le proprie azioni, ed anche sulle conseguenze negative che tali azioni possono avere nel breve e nel lungo periodo. È importante che il genitore si confronti con il figlio con chiarezza e fermezza, mostrandosi consapevole del disagio che si cela dietro agli atti di bullismo, ma senza per questo giustificarli in alcun modo.

Un compito molto importante del genitore è quello di aiutare il figlio ad uscire dal ruolo di bullo che ha scelto per guadagnarsi visibilità ed approvazione nel gruppo dei pari, e fornirgli gli strumenti per interagire con gli altri con modalità diverse. In questo potrebbe essere prezioso il supporto di un professionista (pedagogista o psicologo), che conduca il ragazzo attraverso un percorso di presa di coscienza di sé, delle proprie risorse positive, delle proprie emozioni ed insicurezze da far confluire in un atteggiamento positivo e costruttivo.

Si tratta di una fase molto delicata ma fondamentale per farlo uscire da schemi di comportamento sbagliati e controproducenti, che se non bloccati possono influire negativamente anche nella costruzione della sua vita futura.

Una volta smesso di attirare l’attenzione e l’approvazione del gruppo con questi atteggiamenti, l’ex bullo potrebbe ritrovarsi isolato dai vecchi amici. Per questo sarà importante curare la sua socializzazione positiva, creando occasioni di condivisione con amicizie positive e dandogli la possibilità di fare nuove conoscenze in ambienti mai frequentati prima, dove sia più facile per lui assumere un ruolo positivo. Ad esempio potrebbe iniziare un nuovo sport, o un’attività che lo responsabilizzi positivamente verso gli altri.

Un aspetto fondamentale è la collaborazione tra famiglia e scuola ed il dialogo costante tra genitori e docenti, che potrebbero proporre attività in classe dedicate alla riflessione sul tema del bullismo e sulla gestione delle emozioni, creando anche occasioni di socializzazione positiva e costruttiva.

Mantenendo un atteggiamento equilibrato e costruttivo è possibile aiutare il proprio figlio ad abbandonare un ruolo tanto negativo e pericoloso, è per questo fondamentale che il genitore chieda aiuto nel caso in cui si senta sopraffatto e schiacciato dal peso di una situazione tanto complessa ed articolata, che in molti casi può portarlo a dubitare della propria competenza genitoriale.

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